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La Repubblica

(29/05/2017)

Roma saluta il suo 10 tra le lacrime. Totti: “Non sono pronto, non lo sarò mai”

C’è un momento in cui anche il mito diventa uomo. Quando a metà della passerella intorno a uno stadio sciolto dalla commozione si ferma, si siede a guardarlo e piegato in due scoppia in lacrime. Scendevano da qualche minuto sul suo viso, ma in quel momento sono diventate troppe pure per lui. Quello è forse il momento esatto in cui Francesco Totti ha capito. Da oggi inizierà una nuova vita, una vita che però dopo ieri non potrà avere altri colori, altri tifosi. La fine struggente di un’epoca lunga 25 anni ha detto che Totti e la Roma non potranno prescindere l’uno dall’altra. Non dopo uno show come questo: le tentazioni dei quattrini di Cina e Dubai che l’avevano accarezzato in questi giorni evaporate nello sguardo di quei tifosi distrutti, e lui più di loro. Roma non può restare un capitolo chiuso, anche se «è arrivato il momento che speravo non arrivasse mai».
 
Pallotta, che s’è augurato distrazioni marittime fin da oggi per Francesco, dovrà invece parlarci: probabilmente già questo pomeriggio. Perché cosa farà Totti nei prossimi sei anni da dirigente romanista non è chiaro a nessuno: sulle carte firmate un anno fa è scritta la definizione vaghissima di direttore tecnico, il neo ds Monchi lo vorrebbe come braccio destro, per il “nemico” Spalletti dovrebbe fare il vicepresidente. L’unico a non saperlo ancora è proprio Francesco, troppo presto oggi: «Non sono ancora pronto e non lo sarò mai. In questi giorni ho pianto sempre, tutto il giorno, da solo, come un matto». Sa di aver bisogno ancora dell’odore del campo, di allacciare le scarpe: ha pensato di allenare i bambini, e forse non è un caso se l’ultima fascia da capitano, quella che indossa da 20 anni, l’ha affidata a un bambino del 2006, Mattia Almaviva, capitano pure lui, il più giovane di tutta Trigoria. E ai bambini dedica la lettera commossa letta dal centro del prato dell’Olimpico, dopo quel giro struggente insieme a moglie e figli, su una gigantografia della maglia numero 10. «Il mio giocattolo preferito era il pallone, ma ad un certo punto della vita si diventa grandi. Il tempo mi ha bussato alle spalle e mi ha detto: ‘Togliti la maglia, gli scarpini. Non sentirai più il vento che ti corre in faccia, l’adrenalina mentre punti la porta. Come quando vostra madre vi sveglia durante un sogno. Mi piace pensare che la mia carriera sarà una favola. Ma questa volta non è come un rigore, questa volta ho paura. Con il vostro affetto riuscirò a ributtarmi in una nuova avventura». È l’annuncio che il calciatore nella vita non lo farà più. Chiuso da un “Vi amo” che torna a piegargli la voce.
 
Sono le 19.15 in punto quando inizia il lungo momento delle lacrime. Era deciso che Totti sarebbe entrato al 10’ della ripresa, come il suo numero. Ma la voglia di prendersi più istanti possibili dell’ultimo giorno da calciatore lo ha portato a anticipare di un minuto sulla scaletta, dopo un veloce scambio di battute gelide con Spalletti. I brividi che avrebbe provato li aveva intuiti ancora prima però: mentre la squadra era a centrocampo in attesa del fischio d’inizio di Tagliavento – curioso: pure lui all’addio – e la curva sud dichiarava il proprio amore colorandosi solitaria per mandare un messaggio: “Totti è la Roma”. In tribuna, amici celebri, Malagò piangente, Verdone, Amendola, l’amica Ferilli. “Speravo de morì prima”, la sintesi di un tifoso che senza non pensa nemmeno di poter vivere. La sceneggiatura perfetta della serata gli ha regalato una vittoria al 90’, come nelle favole. L’ultima emozione, con lo stadio che esplode di gioia per il contro sorpasso al Napoli, centrando quando non c’era più tempo il risultato che vale la Champions. E lui a difendere da totem quel gol, incollato con la palla ai piedi alla bandierina per i 4 lunghissimi minuti di un recupero. Perché fosse perfetto davvero, al finale è mancato il gol: curioso che la palla giusta l’abbia tolta dai suoi piedi Daniele De Rossi, amico a cui Totti lascerà da stamattina i gradi di leader. Mentre Ilary e familiari e amici gli dicevano in coro, con una maglia, “Sei Unico”. Chissà se da oggi andrà davvero al mare, come vorrebbe Pallotta. O se si chiuderà a casa a sfogliare l’album dei ricordi, stretto in una nostalgia che è quella di tutta Roma.

M. Pinci


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