Tutto passa, soprattutto il tempo. Ma a volte non sembra. Si ferma, va all’indietro, ed è tutto come una volta. Si torna al 2009, quando Claudio Ranieri decise di salvare la sua Roma, prese il posto di Spalletti e sfiorò lo scudetto contro l’Inter del Triplete. Come nel 2019 quando, dopo l’impresa della Premier vinta con il Leicester, decise di salvare la sua Roma e prese il posto di Di Francesco per arrivare a fine stagione. Ci risiamo. Si ricomincia. A 73 anni Ranieri vola a Londra, parla con i proprietari del club, Dan Friedkin e figlio, e si prepara a salvare ancora la squadra che ama. Se non lui, chi? Ranieri non è capace di dire no a Roma, il club in cui ha giocato, in cui ha allenato e che ha tifato, nella città in cui è nato.
Alla fine dell’ultimo campionato aveva lasciato il Cagliari che aveva salvato, annunciando: “Non è un addio al calcio”. Aveva ragione: nessuna voglia di fare il nonno nel tempo libero, meglio il salvatore della patria. “Sono in vacanza, non in pensione. Vorrei allenare magari una nazionale, non la Nazionale”, aveva precisato a Repubblica due mesi fa. Friedkin, che oggi annuncerà l’ingaggio del tecnico (contratto fino a giugno con opzione per il prossimo anno), sa che cosa l’Aggiustatore (Tinkerman, il soprannome di Ranieri in Inghilterra) porta in dote: sicurezza, certezze, senso di appartenenza, concretezza. Ranieri è un uomo perbene, che conosce tifosi e ambiente, pratico e capace di affrontare e risolvere problemi. Che ama il pubblico, e l’amore è ricambiato, e non è sempre scontato. Poi, certo, il club ha avuto anche poca scelta: era passato troppo tempo dopo il siluramento immediato di Juric al termine di Roma-Bologna, l’attesa si era allungata, il campo era diventato stretto, sempre più stretto. Sembrava non arrivare mai la fine dell’estenuante ricerca del nuovo allenatore. Invece è arrivata e il finale è romantico.
Ranieri torna sempre, e chi torna ama davvero. Dan Friedkin non ha ceduto però ai sentimenti: abituato a scegliere, non abituato a vincere, nel casting per la successione ha fatto i conti con la lunga lista dei no e il campo largo delle alternative che si era snellito pericolosamente. Allegri non ha voluto: troppo alto il suo profilo per questa Roma di metà classifica. Lampard non ha convinto, e allora che Coventry sia. Terzic non ha trovato l’intesa. Sarri non vuole una squadra in corsa. Mancini ha aspettato, poi ha deciso di non attendere più. Era stato contattato Montella, due volte in questa settimana, da un manager che lavora a Londra e che probabilmente farà il direttore sportivo la prossima stagione. Per ora è il consulente dei proprietari del club, ha suggerito una serie di nomi. Il ct della Turchia ha due partite in pochi giorni, con Galles e Montenegro, sarebbe stato complicato liberarsi prima di una settimana. E il tempo passa. Ha una clausola rescissoria con la nazionale di Ankara di un milione e mezzo: non sarebbe stato un problema pagarla, ma la Roma gli ha offerto poi solo un anno e mezzo di contratto e l’ex centravanti ne chiedeva tre. Così ha detto no. Inoltre la società ritiene che Ranieri dia più certezze in questa fase caotica. La Roma è senza allenatore da domenica pomeriggio, ma solo virtualmente: come recita la nota che “ringrazia Juric per il lavoro svolto”, non c’è stato alcun esonero. E lo staff del tecnico appena ringraziato – se non avrà comunicazioni ufficiali – domani si presenterà all’allenamento e dovrà chiarirsi con quello di Ranieri. È l’ultimo segnale: a Roma mancano le idee, non il disordine. E i problemi vengono risolti come si può, e il tempo che passa non insegna nulla.