Rosella Sensi, Sindaca di Visso ed ex Presidente della Roma, è intervenuta in diretta a Te la do io Tokyo, la trasmissione ideata e condotta da Mario Corsi, in onda tutti i giorni dalle 10 alle 14 sui 92.7 di Tele Radio Stereo.
Lei si è sempre presentata allo stadio, anche nei momenti di contestazione. Ora invece la presidenza della Roma è assente. Cosa ne pensa?
"Io posso parlare di quello che è successo a noi e di quello che ho vissuto, anche perché ho avuto un grande maestro, non solo un grande padre. È ovvio che a papà non facessero piacere le contestazioni. Io ho visto Viola essere contestato all'Olimpico, e non dobbiamo neanche commentare il presidente Viola, se non ricordo male gli venivano lanciate le monetine quando passeggiava. Il presidente, come ho detto anche recentemente in un'intervista, deve essere, a mio avviso, un po' quello che fa da ombrello a tutta la società, quindi nel bene o nel male ricevere le critiche dei tifosi, per far stare serena tutta la società, far stare sereno chi lavora dentro la società. E non parlo solo dei giocatori. Ovvio, questa proprietà ha scelto di non parlare, ha fatto delle scelte che ci hanno anche portato a vincere con Mourinho una coppa. Quindi è stata una scelta che loro hanno fatto già dall'inizio. È ovvio che le contestazioni non fanno piacere, le critiche non fanno piacere. Papà era deluso, arrabbiato, rattristato, tanto che il giorno dello scudetto mi chiese "Li ho fatti felici?" e io gli risposi "Papà, ma certo", perché queste cose ti segnano".
Perché non ha mai smesso di andare allo stadio da presidente, anche quando era insultata?
"Perché papà mi ha insegnato, e lo avrei fatto anche io, la presenza allo stadio, per mettere la faccia, anche se non sei d'accordo sulle contestazioni. Nel giorno dell'ultima partita a cui ho assistito da presidente, c'era un signore di una sessantina d'anni, rosso in faccia, che mi urlava "Te ne devi andare", sapendo tutti palesemente che me ne dovessi andare. E io mi ricordo ancora la faccia di quel signore, che non so chi sia. Piangevo e ho pianto tanto, anche se avevo capito che era il momento di andare. Si sta lì, si prendono purtroppo, dico purtroppo, quegli insulti che anche non meriti e che vorresti dire "Ma che state dicendo?!". Però ci vai".
Franco Sensi aveva una società strutturata con dirigenti importanti.
"Si, non era certo una società a conduzione familiare. Ma non è che adesso bisogna pontificare i Sensi adesso. C'è chi ha sempre riconosciuto quello che abbiamo fatto e che se l'è dimenticato rapidamente quando siamo andati via. La critica e la contestazione che rimane nei limiti della del civile ovviamente, anche perché non ho ricevuto solo quelle civili, stanno nel ruolo del presidente. Non più tardi di una settimana fa ho fatto un'intervista bellissima per Rai 2, in cui ho parlato proprio di questo, cioè che il presidente deve assorbire le critiche anche quando non le merita, per garantire un equilibrio all'interno della società".
Torniamo alla stagione 2009/2010, che ebbe un risvolto che potrebbe essere attuale. L'ha raccontato Francesco Totti, con lei presente, al Colosseo, e accanto c'era Claudio Ranieri per cui testimoni più che autorevoli. Una stagione in cui abbiamo sfiorato lo scudetto, ma in cui cominciammo malissimo. In panchina c'era Luciano Spalletti, che poi andò via. Arrivano i senatori, Francesco Totti, Daniele De Rossi e Simone Perrotta, vengono da lei e la sua dirigenza, c'era un manager che rimpiango che non ci sia oggi come Giampaolo Montali, e chiedete ai giocatori: "Qui abbiamo una scelta: o Roberto Mancini o Claudio Ranieri". I giocatori esprimono la loro preferenza per Roberto Mancini, arrivano a casa e scoprono che l'allenatore della Roma è Claudio Ranieri che li porta a un passo da una vittoria straordinaria. Cosa vi ha portato a fare quella scelta?
"Intanto diciamo che io avevo Bruno Conti, Daniele Pradè e Cristina Mazzoleni, che erano delle colonne portanti. Io ho avuto la fortuna di lavorare con delle persone che ancora reputo amiche e che mi sono amiche. In quel momento avevamo una difficoltà, quindi quando c'è un legame così semplice ci si confronta, però devi fare la scelta migliore con una progettualità di quello che ti può portare un allenatore diverso rispetto a un altro allenatore. E su queste basi abbiamo scelto Claudio Ranieri, non solo perché era romano e romanista. Nella scelta va calcolata l parte caratteriale, l'esperienza professionale. Poi puoi anche sbagliare, anche perché chi è che non sbaglia nella vita, però Ranieri era assolutamente il più adatto e più competente in quel momento".
Cosa farebbe lei in questo momento?
"Io non conosco i giocatori da dentro. Per capire quale potrebbe essere l'allenatore migliore dovrei conoscere bene le cose da dentro".